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In materia di concorsi pubblici, è legittimo il comportamento di una amministrazione reclutante la quale ometta di predisporre particolari modalità di svolgimento della prova a una candidata che necessiti di allattare il figlio?

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia, con la sentenza n. 163 del 2017, ha fornito una risposta favorevole al predetto quesito.

Nell’ipotesi di cui alla pronuncia in commento, la commissione esaminatrice di un concorso pubblico si rifiutava di predisporre particolari misure di svolgimento della prova per consentire a una candidata in periodo di allattamento di partecipare alla selezione pubblica e, contemporaneamente, di espletare le funzioni materne.

Nello specifico, la candidata aveva inviato alla Amministrazione una istanza con la quale chiedeva il differimento dello svolgimento della sua prova o l’allestimento di diverse misure che le permettessero di partecipare al concorso e al contempo di allattare il figlio, allontanandosi per brevi periodi di tempo dall’aula di esame.

L’istanza rimaneva priva di riscontro.

Orbene, con la sentenza in esame il Giudice Amministrativo accoglie l’appello della ricorrente nella parte in cui quest’ultima ha fatto valere la violazione dei principi di cui agli articoli 3, 31 e 37 della Costituzione, nonché del principio di parità di trattamento nei pubblici concorsi.

In particolare, il C.G.A. sostiene l’illegittimità del comportamento della Amministrazione, in quanto “la madre del neonato è stata posta davanti ad un’alternativa fra opzioni comunque pregiudizievoli: o rinunciare all’allattamento del figlio e dunque all’espletamento della naturale funzione materna o rinunciare all’espletamento delle prova concorsuale e dunque ad una importante occasione di crescita professionale.

L’Autorità Giudiziaria motiva la propria decisione operando un contemperamento tra più diritti costituzionalmente garantiti: da un lato, il buon andamento della P.A. in ordine all’organizzazione dello svolgimento di prove concorsuali, dall’altro, la tutela della maternità e la parità di trattamento tra candidati in un concorso pubblico.

In proposito, il C.G.A. sostiene che entrambi gli interessi, apparentemente contrapposti, risultino perfettamente conciliabili in ipotesi assimilabili a quella di specie. Invero la amministrazione avrebbe potuto approntare delle misure idonee a permettere alla ricorrente di svolgere la prova senza inficiare lo svolgimento dell’intera procedura, ad esempio permettendole di allontanarsi per brevi intervalli di tempo per allattare il figlio in una stanza adiacente a quella di svolgimento dell’esame con sorveglianza di un membro della commissione o di personale di vigilanza di sesso femminile.

Ancora, il Giudice amministrativo afferma che il comportamento della Amministrazione risulti lesivo del generale principio di solidarietà sociale ex art. 2 Cost. nonchè del principio di uguaglianza in senso sostanziale ai sensi dell’articolo 3 della Costituzione. Infatti, il principio di uguaglianza nel suo significato più autentico non si risolve nel dovere di trattare tutte le situazioni in modo uguale, ma nel trattare in modo diverso situazioni diverse. La commissione d’esame ha, invece, trattato una situazione differenziata (di una candidata neo mamma) in modo uguale a quella degli altri soggetti, ponendo così in essere una discriminazione.

Inoltre, la predetta situazione differenziata è a sua volta meritevole di tutela alla luce della stessa Carta Fondamentale, la quale tutela la maternità e i diritti delle madri lavoratrici (articoli 31 e 37 Cost.).

Dott.ssa Ornella Mineo                                      Avv. Vittorio Fiasconaro